Nasce con una alta specializzazione per il calcio ma avrà la funzione di raccontare, attraverso il gioco piu bello al mondo, la storia dei nostri “luoghi dimenticati” riscoprendo l’etica del “fair play”, di cui gli stessi sono “pregni”, raccontando la storia della Nazionale Italiana di calcio.
Il calcio è l’ unico sport ad essere preceduto dalla parola “gioco” ed il nostro museo ha l’obiettivo di rappresentare l’etica nello sport attraverso le gesta di campioni che si sono distinti nelle numerosissime discipline che nel tempo hanno rappresentato il “forte senso di appartenenza” degli atleti.
Lo spirito del museo, tra le altre cose, è soprattutto quello di valorizzare, attraverso il calcio, le peculiarità ambientali, storiche, architettoniche e soprattutto delle eccellenze dei suoi prodotti tipici dei numerosi Borghi esistenti in Italia, quei Borghi che rappresentano un territorio sconosciuto alle nuove generazioni “distratte” dai riflettori accesi sulle grandi metropoli. Un pò come è successo con il calcio. Abbiamo coniato lo slogan “calcio e identità nei piccoli borghi”.
Inizialmente la nostra scelta è ricaduta sul calcio perché esso alla fine del 1800 inizia a diffondersi in Italia, grazie all’esperienza di alcuni appassionati che ebbero la possibilità di conoscere il football inglese.
In un paese nel quale il lavoro contadino determinava la crescita e lo sviluppo dell’economia, il calcio, di pari passo, riusciva a catturare l’attenzione trasversale degli appartenenti a tutte le classi sociali.
E’ stata questa l’origine di un fenomeno, non solo sportivo, che nell’immediato secondo dopoguerra ha visto la nascita di migliaia di società dilettantistiche nelle città d’Italia. Attraverso l’attaccamento ai colori sociali della squadra calcistica si è finito per esprimere un senso di appartenenza al proprio territorio maggiore che in ogni altro modo e per mezzo del canale sportivo si sono messi in risalto le tradizioni specifiche delle varie culture.
Come i prodotti tipici locali, frutto di antiche tradizioni e colture, portano alla scoperta di un territorio, così le nuove generazioni dovrebbero riscoprire ‘i sapori del vero calcio’ con le sue emozioni e i suoi sentimenti che pochi hanno avuto la possibilità di gustare.
Porre quindi l’attenzione sui Piccoli Borghi che in questi anni una silenziosa emorragia di persone e di attività ha impoverito e che, se anche impossibilitati a dare risposte concrete ad esigenze sempre più pressanti, da parte soprattutto dei giovani in cerca di occupazione o di servizi efficienti e puntuali che sono alla base della qualità della vita, a differenza dei grandi centri asfissiati da conflitti sociali sempre acuti, traffico e una crisi che amplia i problemi del quotidiano, sono rimasti fortunatamente a misura d’uomo salvaguardando la natura, le vie, le case, le piazzette, le chiese, che possono consentire una alta qualità della vita per quanti scelgono di tornare ai luoghi dell’infanzia o di restarvi, nonostante tutto.
La necessità, quindi, di recuperare la lentezza contro la velocità, un ritorno ad una vita frugale, tornare a darci una stretta di mano, mangiare un gelato assieme, passeggiare, fare tornare artigiani e panettieri, contadini e pastori; riuscire a dare ad ognuno di noi la percezione che i ns Borghi non moriranno e, al contrario, diventeranno luoghi molto ambiti.